venerdì 19 aprile 2013

Elezioni presidenziali in Venezuela: I primi giorni del Governo Maduro.


Caracas, Venezuela Domenica 14 aprile, a più di un mese dalla morte di Hugo Chávez, in Venezuela si sono tenute le elezioni presidenziali. Da un lato, Nicolas Maduro, successore ad interim dello stesso Chávez e convinto chavista. Dall’altra parte, Henrique Capriles, esponente della destra venezuelana, leader della Mesa de la Unidad Democrática (Unità Nazionale), e già uscito sconfitto alle elezioni dello scorso ottobre. Ha partecipato al voto il 78, 71 % dei cittadini aventi diritto. Dati ufficiali hanno confermato la vittoria da parte di Nicolas Maduro con il 50,7% contro il 49,1% ottenuto da Capriles, per un distacco dell’1,6% pari a circa 300.000 voti di differenza. I risultati sono stati annunciati dal presidente del Consiglio Nazionale Elettorale (CNE), Tibisay Lucena, la quale ha ufficializzato il momento con determinazione: “Vogliamo dire al Paese che abbiamo parlato con i candidati alla presidenza. In vista di risultati così serrati, affermiamo, con la tendenza che è ormai costume del CNE, che questi dati risultano essere irreversibili. Sono risultati che il popolo venezuelano ha deciso durante la fase elettorale”.

La notizia è stata accolta dai due schieramenti con sentimenti contrastanti. Entrambi gli sfidanti, nelle prime ore di lunedì, hanno pronunciato discorsi che hanno ribadito perfettamente lo spirito di un’intera campagna elettorale.

Nei pressi del Palazzo Miraflores, sede del governo, Nicolas Maduro, avvolto dai colori della bandiera venezuelana, seguendo un copione già collaudato nell’ultimo mese e imitando con scioltezza il suo predecessore, con fare solenne, ha mostrato una piccola copia della costituzione: “Questa costituzione è stata scritta con i nostri pugni, le nostre parole, e ci è costata molto: sacrifici, lotte! Intere generazioni torturate, rivolte popolari, militari. Noi siamo i garanti di questa costituzione!”. Continuando il discorso, ha dichiarato di aver ricevuto una telefonata da Capriles poche ore prima: “Ho ricevuto la chiamata del candidato Henrique Capriles: lui mi ha trasmesso una sensazione di sottomissione, io quella di verità. C’è un potere elettorale. Non può esserci un patto tra noi due. Rispetto i tuoi sostenitori, ma è necessario che il potere elettorale faccia il suo lavoro. Tu devi riconoscerlo!”.
Maduro ha anche mostrato, commosso, una fotografia di Chávez, definendolo “Cristo redentore” e affermando di voler seguire il suo progetto con questo mandato che lo vedrà impegnato al governo fino al 2019.

Da parte sua, Henrique Capriles, ha fatto riferimento ad un “supposto patto” cui non avrebbe acconsentito. “Non scendo a patti con le bugie, né tantomeno con la corruzione e l’illegittimità. Il mio patto è con Dio e con i venezuelani! La voce del popolo e quella di Dio, sono sullo stesso livello, per me!”. Con lo sguardo aggrottato ed un’apparente fermezza, Capriles ha continuato il discorso facendo leva sull’”illegittimità di Nicolas Maduro” e, soprattutto, sulla richiesta, quest’ultima a suo avviso legittima, di “poter ricontare i voti, uno ad uno”. Sventolando un plico di fogli che avrebbero riportato le circa 3.500 irregolarità registrate durante la tornata elettorale, ha dichiarato: “In base al nostro conteggio, noi abbiamo un risultato diverso rispetto a quello emerso dal CNE. Bisogna prendere misure. Il popolo oggi ha parlato con fermezza.” E ha aggiunto: “Rispetto la parte della popolazione che ha votato per Maduro, ma noi abbiamo il diritto di esigere una revisione dei voti, dettagliata, di fronte al Paese e al mondo.” Capriles ha poi concluso: “Dunque, signor Maduro, se prima era illegittimo, oggi lo è ancora di più, e lo dico con tutta la responsabilità che richiede la situazione […] Se prima avevo voglia di lottare, oggi, signori del governo, mi date più forza e più voglia di continuare questa lotta!”.

Il portavoce della Casa Bianca ha ammesso che “data la situazione, con risultati così combattuti, il riconteggio dei voti sarebbe una mossa necessaria e prudente”. A dare supporto a tali dichiarazioni si è aggiunto il Segretario Generale dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA), José Miguel Insulza, che ha parlato anche di “profondo senso civico da parte dei venezuelani”.

Parole smentite dai fatti. Sulla scia di queste parole,”[…] lunedì il Venezuela è entrato in un ‘limbo politico’”, ha scritto El País. Una giornata intensa, tra le più difficili degli ultimi anni, che ha visto sollevarsi in tutto il Paese numerose proteste da parte dei sostenitori di Capriles. Proteste che si sono concretizzate, nei casi più pacifici, in “pentolate” - caceroladas - e nel blocco del traffico di una delle strade che attraversano la capitale. Ma si sono verificati anche violenti scontri tra manifestanti e forze dell’ordine, che hanno fatto fronte alle proteste con gas lacrimogeni e l’impiego di carri armati. I dati registrati sono stati allarmanti: sessantuno feriti e sette morti.

Martedì. Maduro ha denunciato gli episodi, affermando che “gli scontri non si sono limitati alle strade, ma ci sono stati anche casi di attacchi alle abitazioni di alcuni ufficiali di governo, e diversi incendi sono stati appiccati di fronte e all’interno di diverse sedi del Partito Socialista (PSUV), anche quando vi era della gente dentro”, scaricando le responsabilità addosso all’oppositore Capriles. Cavalcando l’onda della vittoria, ha aggiunto “Il mondo deve sapere che tipo di destra c’è in Venezuela”, e ha chiamato a raccolta i suoi sostenitori, chiedendo una mobilitazione generale e pacifica a Caracas mercoledì e venerdì, giorno del giuramento presidenziale. La risposta dell’opposizione si è fatta subito viva con un’ulteriore cacerolada nella zona est della capitale, nota per essere anti-chavista. Alcune concentrazioni di persone hanno fatto risuonare pentole e oggetti metallici sventolando bandiere del Venezuela e chiedendo, ancora una volta, che vengano fatti ricontare i voti.

Durante la giornata, nonostante tutto, Maduro ha trovato il tempo per rispondere anche alle “ingerenze” del Ministro degli Esteri spagnolo, José Manuel García-Margallo, il quale ha anch’egli difeso l’ipotesi di un riconteggio dei voti, “per superare la situazione interna, scommettere su un dialogo in seguito a risultati che confermano una forte polarizzazione della nazione”. Le parole del Capo del Governo sono apparse più come un avviso che una semplice risposta diplomatica: “Il governo spagnolo si mette contro quello Venezuelano, ma attenzione, sappiamo difenderci. Voi che avete il 25% di disoccupazione, che state orientando il Paese verso una direzione neo-liberale che porterà alla distruzione del popolo spagnolo…Non vi mettete contro di noi”.

E a fine serata, quando sembrava trovare conferma la marcia convocata da Capriles per mercoledì 17 aprile, a Caracas, per protestare fino alla sede del CNE e rivendicare a gran voce la legittimità di un ulteriore conteggio dei voti, dallo stesso leader dell’opposizione è arrivata la smentita: “Ho preso una decisione: la manifestazione di domani non si farà. Invito i miei sostenitori a ritirarsi. Chi scenderà in strada, lo farà a favore della violenza., mentre noi stiamo chiedendo la pace e la tranquillità.” E poi, rivolgendosì a Maduro: “Chiedo che si calmi, perché sembra stia delirando”.

Venerdì. Ad oggi, 56 manifestanti sono tornati in libertà in seguito alle proteste post-elezioni e dopo essere stati accusati di reati tra cui oltraggio a pubblico ufficiale, resistenza alle autorità, pubblica istigazione.

In mattinata, in occasione del giuramento da parte del neo-presidente Nicolas Maduro, in Venezuela sono arrivati il presidente iraniano Ahmadinejad (partecipò anche ai funerali di Hugo Chàvez), il presidente argentino Cristina Fernandez de Kirchner, il presidente brasiliano Dilma Roussef. Altri 14 presidenti sono attesi.

La giornata prevede cerimonie per festeggiare il 19 aprile del 1810, giorno in cui iniziarono le prime lotte che portarono successivamente il Venezuela all’indipendenza.

Intanto, la richiesta di Capriles di poter revisionare i voti, è stata in parte accolta. Il Consiglio Elettorale Nazionale ha fatto sapere che il 46% delle scatole elettorali non scrutinate verranno revisionate nel giro di trenta giorni, a partire dalla prossima settimana con una media di 400 scatole al giorno, da personale tecnico autorizzato. Riferendosi ai venezuelani, Capriles ha commentato: “Questa lotta è merito vostro, ma non è ancora finita, c’è ancora molto lavoro da fare.”

E mentre Mauricio Funes, presidente di El Salvador, si è mostrato preoccupato per la forte polarizzazione emersa dalle elezioni dello “stato amico” con cui El Salvador intrattiene strette relazioni, Capriles, tramite Twitter, sempre in occasione della cerimonia di giuramento di Nicolas Maduro, ha invitato i suoi sostenitori ad ascoltare in tutta la nazione il brano “Mentira fresca” (“Bugia fresca”), una canzone di genere salsa, di protesta nei confronti del governo, scritta dal compositore venezuelano Rolando Padilla ed interpretata dal cantante Willie Colòn: https://soundcloud.com/mentirafresca/mentira-fresca-1 .

Per Maduro inizia un mandato che, a giudicare dai primi eventi accaduti, risulterà più difficile del previsto.

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