Caracas, Venezuela – Domenica 14 aprile, a più di un mese dalla morte
di Hugo Chávez, in Venezuela si sono tenute le elezioni presidenziali. Da un
lato, Nicolas Maduro, successore ad interim dello stesso Chávez e
convinto chavista. Dall’altra parte, Henrique Capriles, esponente della
destra venezuelana, leader della Mesa de la Unidad Democrática (Unità
Nazionale), e già uscito sconfitto alle elezioni dello scorso ottobre. Ha
partecipato al voto il 78, 71 % dei cittadini aventi diritto. Dati
ufficiali hanno confermato la vittoria da parte di Nicolas Maduro con il
50,7% contro il 49,1% ottenuto da Capriles, per un distacco dell’1,6%
pari a circa 300.000 voti di differenza. I risultati sono stati annunciati
dal presidente del Consiglio Nazionale Elettorale (CNE), Tibisay
Lucena, la quale ha ufficializzato il momento con determinazione: “Vogliamo
dire al Paese che abbiamo parlato con i candidati alla presidenza. In vista di
risultati così serrati, affermiamo, con la tendenza che è ormai costume del CNE,
che questi dati risultano essere irreversibili. Sono risultati che il popolo
venezuelano ha deciso durante la fase elettorale”.
La notizia è stata accolta dai due schieramenti con
sentimenti contrastanti. Entrambi gli sfidanti, nelle prime ore di lunedì,
hanno pronunciato discorsi che hanno ribadito perfettamente lo spirito di
un’intera campagna elettorale.
Nei pressi del Palazzo Miraflores, sede del
governo, Nicolas Maduro, avvolto dai colori della bandiera venezuelana,
seguendo un copione già collaudato nell’ultimo mese e imitando con scioltezza
il suo predecessore, con fare solenne, ha mostrato una piccola copia della
costituzione: “Questa costituzione è stata scritta con i nostri pugni, le
nostre parole, e ci è costata molto: sacrifici, lotte! Intere generazioni
torturate, rivolte popolari, militari. Noi siamo i garanti di questa costituzione!”.
Continuando il discorso, ha dichiarato di aver ricevuto una telefonata da
Capriles poche ore prima: “Ho ricevuto la chiamata del candidato Henrique
Capriles: lui mi ha trasmesso una sensazione di sottomissione, io quella di
verità. C’è un potere elettorale. Non può esserci un patto tra noi due.
Rispetto i tuoi sostenitori, ma è necessario che il potere elettorale faccia il
suo lavoro. Tu devi riconoscerlo!”.
Maduro ha anche mostrato, commosso, una fotografia di Chávez,
definendolo “Cristo redentore” e affermando di voler seguire il suo progetto
con questo mandato che lo vedrà impegnato al governo fino al 2019.
Da parte sua, Henrique Capriles, ha fatto riferimento ad un “supposto patto” cui non avrebbe acconsentito. “Non scendo a
patti con le bugie, né tantomeno con la corruzione e l’illegittimità. Il mio
patto è con Dio e con i venezuelani! La voce del popolo e quella di Dio, sono
sullo stesso livello, per me!”. Con lo sguardo aggrottato ed un’apparente
fermezza, Capriles ha continuato il discorso facendo leva sull’”illegittimità
di Nicolas Maduro” e, soprattutto, sulla richiesta, quest’ultima a suo
avviso legittima, di “poter ricontare i voti, uno ad uno”. Sventolando
un plico di fogli che avrebbero riportato le circa 3.500 irregolarità registrate
durante la tornata elettorale, ha dichiarato: “In base al nostro conteggio, noi
abbiamo un risultato diverso rispetto a quello emerso dal CNE.
Bisogna prendere misure. Il popolo oggi ha parlato con fermezza.” E ha aggiunto:
“Rispetto la parte della popolazione che ha votato per Maduro, ma noi abbiamo
il diritto di esigere una revisione dei voti, dettagliata, di fronte al Paese e
al mondo.” Capriles ha poi concluso: “Dunque, signor Maduro, se prima era
illegittimo, oggi lo è ancora di più, e lo dico con tutta la responsabilità che
richiede la situazione […] Se prima avevo voglia di lottare, oggi, signori del
governo, mi date più forza e più voglia di continuare questa lotta!”.
Il portavoce della Casa Bianca ha ammesso che “data
la situazione, con risultati così combattuti, il riconteggio dei voti sarebbe
una mossa necessaria e prudente”. A dare supporto a tali dichiarazioni si è
aggiunto il Segretario Generale dell’Organizzazione degli Stati Americani
(OSA), José Miguel Insulza, che ha parlato anche di “profondo senso
civico da parte dei venezuelani”.
Parole smentite dai fatti. Sulla scia di queste parole,”[…]
lunedì il Venezuela è entrato in un ‘limbo politico’”, ha scritto El País.
Una giornata intensa, tra le più difficili degli ultimi anni, che ha visto sollevarsi
in tutto il Paese numerose proteste da parte dei sostenitori di Capriles.
Proteste che si sono concretizzate, nei casi più pacifici, in “pentolate” - caceroladas
- e nel blocco del traffico di una delle strade che attraversano la capitale. Ma
si sono verificati anche violenti scontri tra manifestanti e forze dell’ordine,
che hanno fatto fronte alle proteste con gas lacrimogeni e l’impiego di carri
armati. I dati registrati sono stati allarmanti: sessantuno feriti e sette
morti.
Martedì. Maduro ha denunciato gli episodi, affermando che “gli
scontri non si sono limitati alle strade, ma ci sono stati anche casi di
attacchi alle abitazioni di alcuni ufficiali di governo, e diversi incendi sono
stati appiccati di fronte e all’interno di diverse sedi del Partito Socialista
(PSUV), anche quando vi era della gente dentro”, scaricando le responsabilità
addosso all’oppositore Capriles. Cavalcando l’onda della vittoria, ha aggiunto
“Il mondo deve sapere che tipo di destra c’è in Venezuela”, e ha chiamato a
raccolta i suoi sostenitori, chiedendo una mobilitazione generale e pacifica a
Caracas mercoledì e venerdì, giorno del giuramento presidenziale. La
risposta dell’opposizione si è fatta subito viva con un’ulteriore cacerolada
nella zona est della capitale, nota per essere anti-chavista. Alcune
concentrazioni di persone hanno fatto risuonare pentole e oggetti metallici
sventolando bandiere del Venezuela e chiedendo, ancora una volta, che vengano
fatti ricontare i voti.
Durante la giornata, nonostante tutto, Maduro ha trovato
il tempo per rispondere anche alle “ingerenze” del Ministro degli Esteri
spagnolo, José Manuel García-Margallo, il quale ha anch’egli difeso l’ipotesi
di un riconteggio dei voti, “per superare la situazione interna, scommettere su
un dialogo in seguito a risultati che confermano una forte polarizzazione
della nazione”. Le parole del Capo del Governo sono apparse più come un
avviso che una semplice risposta diplomatica: “Il governo spagnolo si mette
contro quello Venezuelano, ma attenzione, sappiamo difenderci. Voi che avete il
25% di disoccupazione, che state orientando il Paese verso una direzione
neo-liberale che porterà alla distruzione del popolo spagnolo…Non vi mettete
contro di noi”.
E a fine serata, quando sembrava trovare conferma la
marcia convocata da Capriles per mercoledì 17 aprile, a Caracas, per protestare
fino alla sede del CNE e rivendicare a gran voce la legittimità di un ulteriore
conteggio dei voti, dallo stesso leader dell’opposizione è arrivata la
smentita: “Ho preso una decisione: la manifestazione di domani non si farà.
Invito i miei sostenitori a ritirarsi. Chi scenderà in strada, lo farà a favore
della violenza., mentre noi stiamo chiedendo la pace e la tranquillità.” E poi,
rivolgendosì a Maduro: “Chiedo che si calmi, perché sembra stia delirando”.
Venerdì. Ad oggi, 56 manifestanti sono tornati in libertà in
seguito alle proteste post-elezioni e dopo essere stati accusati di reati tra
cui oltraggio a pubblico ufficiale, resistenza alle autorità, pubblica
istigazione.
In mattinata, in occasione del giuramento da parte del
neo-presidente Nicolas Maduro, in Venezuela sono arrivati il presidente
iraniano Ahmadinejad (partecipò anche ai funerali di Hugo Chàvez), il
presidente argentino Cristina Fernandez de Kirchner, il presidente
brasiliano Dilma Roussef. Altri 14 presidenti sono attesi.
La giornata prevede cerimonie per festeggiare il 19
aprile del 1810, giorno in cui iniziarono le prime lotte che portarono
successivamente il Venezuela all’indipendenza.
Intanto, la richiesta di Capriles di poter revisionare i
voti, è stata in parte accolta. Il Consiglio Elettorale Nazionale ha
fatto sapere che il 46% delle scatole elettorali non scrutinate verranno
revisionate nel giro di trenta giorni, a partire dalla prossima settimana con
una media di 400 scatole al giorno, da personale tecnico autorizzato.
Riferendosi ai venezuelani, Capriles ha commentato: “Questa lotta è merito
vostro, ma non è ancora finita, c’è ancora molto lavoro da fare.”
E mentre Mauricio Funes, presidente di El
Salvador, si è mostrato preoccupato per la forte polarizzazione emersa dalle
elezioni dello “stato amico” con cui El Salvador intrattiene strette relazioni,
Capriles, tramite Twitter, sempre in occasione della cerimonia di giuramento di
Nicolas Maduro, ha invitato i suoi sostenitori ad ascoltare in tutta la nazione
il brano “Mentira fresca” (“Bugia fresca”), una canzone di genere salsa, di
protesta nei confronti del governo, scritta dal compositore venezuelano Rolando
Padilla ed interpretata dal cantante Willie Colòn: https://soundcloud.com/mentirafresca/mentira-fresca-1
.
Per Maduro inizia un mandato che, a giudicare dai
primi eventi accaduti, risulterà più difficile del previsto.