domenica 8 maggio 2011
Incontri
Mi trovo nella stazione di Pescara, ho tre ore di pullman alle spalle e devo farne altre quattro in treno.
Direzione: Parma.
Mi reco al binario indicato e mi siedo sotto uno dei tabelloni digitali. L'ansia che mi caratterizza mi insegna che la prudenza, almeno nel mio caso, non è mai troppa. Mi metto a leggere uno degli ultimi numeri de l'"Iinternazionale", c'è un articolo intitolato "Sorelle d'Egitto": ragazze e signore, appartenenti a generazioni diverse, che hanno deciso di cavalcare l'ondata di proteste diffusa in tutto il Nord-Africa, per ottenere una sorta di riscatto sociale; anche loro, giustamente, rivendicano i loro diritti, e questo, a quanto pare, è il momento giusto.
Di fianco a me una "sbarbina" dagli occhi chiari aspetta il treno per andare a scuola.
Si avvicina a noi un giovane, un marocchino, e ci chiede se il treno per Termoli sia già partito.
Io e la ragazza guardiamo il tabellone, ma del treno nessuna notizia. Dico al ragazzo di provare a chiedere informazioni ad un controllore. Lo vedo allontanarsi, ma sembra un po' spaesato, così decido di aiutarlo: mi alzo e mi incammino con il trolley verso una signora in divisa. Le chiedo se il treno fermo al binario in cui troviamo sia il regionale che porta a Termoli, ma niente, non è quello.
Jamil, così si chiama il ragazzo, ha 28 anni ed è tunisino. Il suo nome significa "bello". Probabilmente sì, e la sua sciarpa in cotone gli da un tocco "cool", ma ad ogni modo sembra molto stanco.
Tre anni fa ha lasciato la sua terra per cercare lavoro. E' passato dall'Italia, ma da quanto dice, non si è trovato bene, anche se non mi spiega il motivo. Aggiunge di essere scappato - non so quanto siano metaforiche le sue parole - in Francia: "è più meglio", mi accenna. Il suo Italiano è stentato, però è comprensibile. Del resto, non è così difficile: parla poco, forse perchè timido, ma credo che sia per via della stanchezza. E' partito ieri da Parigi, luogo in cui intuisco si sia trasferito. La notte scorsa ha affrontato un lungo viaggio. Ventimiglia, poi un treno per Bari, ma è sceso a Pescara. Evidentemente non sapeva di dover rimanere sullo stesso treno per arrivare a Termoli, e ora Jamil si ritrova a vagare per la stazione dalle 7 del mattino, sperando di riuscire a raggiungere un amico che è venuto a trovare. Purtroppo questa possibilità è sfumata dieci minuti fa, partita con il regionale delle 9:30. Dice che è stato segnalato in ritardo sui tabelloni e che non ha fatto in tempo a prenderlo.
Faccio segno a Jamil di seguirmi. Al centro informazioni l'operatore, sebbene inspiegabilmente spazientito, si dimostra comunque gentile, e su un pezzo di carta scrive le indicazioni per il prossimo treno disponibile. C'è alle 12:00. Mancano ancora due ore.
Jamil ha l'aria sfatta, piuttosto rassegnata. Provo ad incoraggiarlo offrendogli un caffè. Lui è imbarazzato, però accetta con un sorriso, e io mi sento meglio. Lo terrà sveglio, penso.
Poco dopo ci rechiamo nuovamente ai binari, dato che l'ora "x" per me si avvicina e l'ansia comincia a darmi pacche sulle spalle.
Nell'attesa, Jamil mi offre una sigaretta. Rifiuto, ma ringrazio. Ci facciamo compagnia e nel frattempo scambiamo qualche parola. Gli dico che sono della provincia di Foggia, città in cui lui è stato: ricorda soprattutto le distese di campi. Gli spiego che in quella zona, ahimè, c'è parecchio sfruttamento di braccianti extra-comunitari, impegnati nella raccolta di pomodori.
Poi, mostrandogli il giornale che tiro fuori dalla borsa e accennandogli l'articolo sulle egiziane, gli dico che qui in Italia molta gente gente ammira gli sforzi dei giovani Nord-africani. Lui annuisce.
Il tempo stringe. Devo andare, ma prima lascio la copia del giornale a Jamil, sperando possa aiutarlo ad ingannare il tempo durante l'attesa. Sorride di nuovo, accetta e ringrazia .
"Grazie a te, Jamil, buon viaggio e buona fortuna!", gli dico stringendogli la mano e dandogli una pacca sulla spalla.
Mi incammino verso la carrozza più vicina. Tre ore di pullman alle spalle e altre quattro in treno da fare.
P.s.: Un saluto a tutti, gente. Manco da un po', ma ho avuto da fare.
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bella dà!
RispondiEliminaHai avuto fortuna a vivere quest'esperienza.Bentornato comunque, Davide.
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