venerdì 24 dicembre 2010

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Nato a Montevideo (Uruguay) nel 1940, Eduardo Galeano si è affermato in breve tempo prima come giornalista, divenendo anche il direttore del quitodiano Epoca, poi come scrittore di romanzi e racconti.

Il libro degli abbracci” (“Gli abbracci del titolo non sono addii, ma incontri”) è una raccolta di racconti dettati dall’esperienza e dai ricordi, alcuni – pochi – dalla fantasia. Racconti brevi, di pochissime battute, a volte di una pagina o due, eppure sempre esaustivi. In quelle righe si susseguono storie di vita, che evocano temi come la religione (molto sentita in Sudamerica), la guerra, i sentimenti, e più in generale, la vita in tutte le sue sfaccettature. Vicende di persone (amici, parenti, conoscenti) e luoghi (come la Spagna e l’Argentina, mete scelte dallo scrittore a causa dell’esilio), da cui è possibile percepire gli usi e i costumi di quei posti, di quelle culture. Ma c’è spazio anche per le riflessioni, spesso argute: ogni racconto ha un significato preciso e trasmette un messaggio; dalle questioni riguardanti i diritti umani, per cui Galeano si è sempre battuto, ai gesti, quei semplici gesti quotidiani che fanno perno sulla sensibilità, per fortuna ancora esistente, della gente.

Da un lato lo stile asciutto, così semplice, disarmante ed efficace; dall’altro, invece, la profondità dei significati che riguardano il “saper vivere”, componente umana che qui, in Babilonia, purtroppo stiamo man mano perdendo. Un contrasto inverosimile, che Eduardo, però, riesce a conciliare magistralmente.

Leggendo questo libro vi ritroverete a cambiare spesso espressione, colti da diversi stati d’animo; così, all’improvviso. Con facilità, sorriderete, rifletterete, vi commuoverete, senza neanche accorgervene.
Ho messo una piegolina alle pagine dei racconti che più mi sono piaciuti. Che stupidaggine: per “Il libro degli abbracci” ogni storia meriterebbe un segnalibro. Perché libri del genere aiutano a vivere meglio.


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