giovedì 18 novembre 2010

E tu, l'avresti mai detto? Te lo sei mai chiesto?


Ogni giorno si assiste a scene che dimostrano quanta sofferenza e solitudine ci siano in giro. 
La gente non sta bene, e lo si nota anche senza dover leggere i giornali o accendere la tv, ormai traboccanti di notizie poco rassicuranti.

Con “la gente sta male” intendo dire che non esiste solo una componente folle, isterica, che prende a calci il senno, già di per sè inquietante; mi riferisco al malessere che vive, o potrebbe vivere, in ciascuno di noi, e che si riesce più o meno a sopportare.

Provate a guardarvi intorno, ad interpretare le espressioni delle persone, quando siete in luoghi pubblici: nelle strade, sull’autobus. Ovunque.
Vi accorgerete che non va tutto bene, come qualcuno dall’alto continua ad insinuare, nonostante tutto.
Sguardi persi, assorti nelle probabili preoccupazioni personali – lavoro, famiglia, (etciù!) salute; espressioni spente o, al contrario, visi pimpanti che tentano di dimostrare il contrario, ma che in realtà nascondono tristezza ed insicurezza. Pochi – beati loro – sono coloro che realmente sono felici.

Mi è capitato più volte di assistere a scene che mi hanno fatto pena. E non perché il sottoscritto crede di essere superiore o invulnerabile. Niente affatto. Sono quelle scene che ti aiutano a tenere i piedi per terra e a mandare in crisi – giustamente - la tua classifica delle priorità. Perché sono altre le cose importanti.
Vedere persone che parlano da sole, cogliere il filo dei loro discorsi è spiacevole. Lascia l’amaro in bocca.
Rendersi conto che nella vita quotidiana c’è chi soffre davanti ai tuoi occhi, ma che non lo da a vedere, anche questo è spiacevole. C’è chi ha difficoltà, chi molte volte è isolato dalla collettività. Chi deve superare momenti critici. Tutto questo è disarmante.

Cosa si può fare? Una domanda difficile per una risposta altrettanto complicata. Il minimo sarebbe tenere in considerazione questa realtà, la realtà che viviamo.
Il passo successivo, quello più difficile, è sicuramente cominciare ad agire.

In che modo?

A voi la possibile risposta.
Io sono impegnato con i sensi di colpa.


[…]




Se vi interessa capire le dinamiche sociali a livello più generico e ampio, “Modernità liquida” (Editori Laterza) di Zygmunt Bauman (http://it.wikipedia.org/wiki/Zygmunt_Bauman) è il libro che può introdurvi a certe tematiche, senza troppe difficoltà e senza annoiarvi.

http://img2.libreriauniversitaria.it/BIT/514/9788842065142g.jpg 




2 commenti:

  1. Tema difficile e complicato...il "che fare" spesso, troppo spesso, finisce per puzzare dell'ipocrisia dell'immobilità moderna.
    A mio avviso, ad ogni modo, qualcosa di davvero semplice come un gesto disinteressato, due parole gentili, un sorriso, possono significare ancora qualcosa nella modernità liquidità descritta da Bauman (che peraltro fa il paio con le teorizzazioni di Guy Debord circa la società dello spettacolo, altro autore che sono certo apprezzeresti).
    In fondo siamo creature semplici, molto più simili l'un l'altro di quanto non vorremmo ammettere, e basterebbe veramente poco, una diversa sensibilità e decisamente meno egoismo per comprenderci come fratelli quali siamo, e quindi per crescere insieme.
    Un esempio di qst nostra sensibilità può essere trovato in questo "esperimento" del regista brasiliano Rafael Lozano-Hemmer intitolato "Body Movies": guardate le reazioni della gente, e guardate come un nulla può cambiare la nostra giornata.

    http://www.youtube.com/watch?v=Pd_L4lT4uqg&playnext=1&list=PL8DB66D374058E549&index=64

    Ne approfitto per salutare il mio ex(sig!)coinquilino Davide.

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  2. Grazie per il commento, Ste!
    Mi segno Debord, grazie, e mi sparo il link:)!
    Un saluto anche a voi! Un abbraccio forte!

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